
La culla è un altare vuoto Nel ventre, una campana suonava, non per la nascita, ma per la bara. Ti ho tenuto tra le ossa, mio agnello di vetro, prima che il mondo decidesse di staccarti dal mio fiato. Non ho più canti, solo ululati in una lingua che la casa non capisce. Il silenzio è un grembo marcio. Mi parli nei sogni con voce d’acqua rovesciata, mi dici: « Mamma, torna nei muri, lì dove si piega la carta da parati come le mani dei morti in preghiera ». La culla è un altare vuoto. Ogni notte vi depongo i miei capelli strappati, le unghie spezzate dal grattare le ore, una lingua morsa per non urlare. Dio non mi guarda. Dio non è più nella Bibbia. Forse spaventato dalla mia veste macchiata, mi costringe a recitare i Salmi in controluce. O forse è solo stanco di madri che amano troppo. Ti ho visto stamattina nel cucchiaio, curvo come una luna malata. Le tue ossa di lat...