En dehors. il corpo la danza la poesia di Francesco Colella e Giarmando Dimarti, pubblicato da Marte Editrice nel 2010, rappresenta per il collettivo un esempio di scrittura interessata a mostrarci il movimento del corpo come punto focale di attenzione visiva e poetica.
Il libro, ricevuto in dono da Rocco e Vincenzo della Libreria Simon Tanner – libri d’occasione di Gagliano Aterno (AQ), è stato scelto da Anna Rita e si compone di 22 poesie e 22 tavole. Infatti, l’opera si presenta come una commistione unica di dipinti e poesie dell’autore che donano armonia alla lettura, dischiudendosi come un lento movimento d’arabesque.

Il tema centrale è ben espresso dal titolo che si pone l’obiettivo di riscoprire il corpo attraverso la danza accademica (d’école), e sottrarla alla rigidità dell’en dehors.1 Quest’ultimo, nel linguaggio della danza, altro non è che il movimento di gambe e piedi che va dall’interno (en dedans) verso l’esterno. Questo comporta un focus incentrato sulla liturgia del corpo piuttosto che su tutto ciò che riguarda il mondo accademico della danza – dall’apprendimento delle coreografie fino all’allestimento degli spazi scenici, passando per le performance e i suoi retroscena. Il vero protagonista è il corpo e i meccanismi succedanei all’atto della danza, unica fonte di ispirazione dei versi del poeta.
Colella aggiunge al rito corporale l’aspetto visuale, realizzando tavole in tecnica mista su juta grezza (di cui osserviamo le immagini in bianco e nero o a colori) presenti in tutto il libro tra una poesia e l’altra.


tecnica mista su juta, 2010

brandelli di sindoni laiche / intrise di corpi di cuori di vento assorbono e allo stesso tempo riflettono la nascita del movimento, l’esercizio visivo dell’ascolto del sé:
sento la voce trasparente del corpo
all’impulso richiamo della satana mente
sciolta identità di sostanza
sublime corifeo sonnambulo
in mussoline di frutta e zagare
di cereali e rugiade sbigottite
quadrante dolce di suoni germinali
e giostro le mie singhiozze cadenze
di meditabondo cigno pellegrino



tecnica mista su juta, 2010

La cinetica canalizza le immagini e definisce il contesto in cui crescono le contingenze e le necessità di chi danza, un atto di riconosciuta e ritrovata libertà terrena che il poeta ammira e brama:
sono una linea sbigottita di tulipano acrobata
sopra sofferte radici quotidiane
sfido sostegni ed improbabili equilibri
dentro scarpette di zafferano e silenzio
singhiozzando la mia confusa povertà
si schiudono le mie braccia sconnesse
all’immenso d’aurore che crescono in me
solitario albero del bene e del male
Il corpo danzante diventa così amplificatore delle ascesi umane, in cui anima e materia si fondono nell’alchimia tra tensione ed esecuzione del movimento:
indubbiamente accolgo il tremendo
come un raggio profetico di tormenti pentagrammi
sollecito i giorni come se arrivassero in agguato
amo la mia ombra ed il mio sudore marziali
quando decido il territorio e la vittoria
cigolano i miei occhi disfatti nella luce
il mio essere è sperduto nelle fodere annegate del corpo
in fughe di ghirlande memorie abbacinate


olio su juta, 2010

da nord a sud
da est ad ovest
tutto l’azzurro affaccendato della rosa dei venti
si stringe come un abbecedario
attorno alla mia bussola intricata in piroette
giro sul quadrante il mio ordine statistico
l’angolo di declinazione raccoglie il delirio sanguigno
navigo il mare nascosto di tutto l’universo
l’acqua segreta oltre la misura del tormento
sino alla recinta soglia affondata dell’anima che mi rifiuta
e mi innalza





olio su juta, 2010

Perfino gli oggetti di scena – dalle scarpe, al tutù, diventano stilemi di esistenza, astri mobili e senzienti:
mezza pelle mezza punta
ti allaccio al mio stradivario zingaro cuore
e suscito un abisso appena nuovo
e stringo l’oceano che circonda il mondo
dalle alte vetrate pellegrine dei fari
che mi costringono dentro un giorno fittizio
dentro lontane agonie incandescenti
dove rinasco deciso infinito
dove ricucio il mio mortale destino solitario
e perdono anche la vita che strazia il mio sangue
La poesia generata dalla visione di un corpo umano che tocca i cieli della gravità perdendo l’equilibrio della stasi, è tutto ciò che più tocca lo spirito e questo libro arriva oltre il corpo, in estrema connessione con l’estasi del mo(vi)mento.
amplessa
traboccante
carambolo
disgregata
trottola
irriverente
in un’incubatrice di nascite rimandate
angoscia di vuoto totale
stanchezza sfogliata prima della conoscenza
provo sfilacciata le mie ali
guizzanti
dentro un nulla che non conosco
ma so perfettamente





1Dall’introduzione a cura di Giarmando Dimarti.





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