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Showing posts from 2025
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Il loro grido è la mia voce , poesie da Gaza, edito da Fazi Editore nell’aprile 2025 e curato da Antonio  Bocchinfuso, Mario Soldaini, Leonardo Tosti con le traduzioni di Nabil Bey Salameh, Ginevra Bompiani ed  Enrico Terrinoni, rappresenta per me, Giulia, un grido di risveglio: il risveglio della coscienza umana. Un’opportunità, concessa al mondo, ancora una volta dal dono prezioso della parola poetica, per fare appello  al suo sentire e all’universalità del suo dolore. Per questo e, per la sua tragica attualità, è stato scelto per la rubrica letteraria del Collettivo Sincronie. Non è sicuramente la tipica lettura da ombrellone ma potrebbe essere molto di più. Questa raccolta ha il  dono, dolorosissimo, di squarciare l’anima; facendo appello ad un senso di fratellanza e umanità che troppo  spesso sembriamo aver dimenticato. E ritrovarlo, credetemi, porta una pace vera e duratura dentro noi,  gettando un fascio di luce sulla nostra triste contemporaneità. N...
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En dehors . il corpo la danza la poesia di Francesco Colella e Giarmando Dimarti, pubblicato da Marte Editrice nel 2010, rappresenta per il collettivo un esempio di scrittura interessata a mostrarci il movimento del corpo come punto focale di attenzione visiva e poetica. Il libro, ricevuto in dono da Rocco e Vincenzo della Libreria Simon Tanner – libri d’occasione di Gagliano Aterno (AQ), è stato scelto da Anna Rita e si compone di 22 poesie e 22 tavole. Infatti, l’opera si presenta come una commistione unica di dipinti e poesie dell’autore che donano armonia alla lettura, dischiudendosi come un lento movimento d’ arabesque. Il tema centrale è ben espresso dal titolo che si pone l’obiettivo di riscoprire il corpo attraverso la danza accademica (d’école), e sottrarla alla rigidità dell’en dehors. 1 Quest’ultimo, nel linguaggio della danza, altro non è che il movimento di gambe e piedi che va dall’interno ( en dedans ) verso l’esterno. Questo comporta un focus incentrato sulla l...
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  La culla è un altare vuoto Nel ventre, una campana suonava,  non per la nascita, ma per la bara.  Ti ho tenuto tra le ossa, mio agnello di vetro,  prima che il mondo decidesse di staccarti dal mio fiato.  Non ho più canti, solo ululati in una lingua che la casa non capisce.  Il silenzio è un grembo marcio.  Mi parli nei sogni con voce d’acqua rovesciata,  mi dici: « Mamma, torna nei muri, lì dove si piega la carta  da parati come le mani dei morti in preghiera ».  La culla è un altare vuoto.  Ogni notte vi depongo i miei capelli strappati,  le unghie spezzate dal grattare le ore,  una lingua morsa per non urlare.  Dio non mi guarda. Dio non è più nella Bibbia.  Forse spaventato dalla mia veste macchiata,  mi costringe a recitare i Salmi in controluce.  O forse è solo stanco di madri che amano troppo.  Ti ho visto stamattina nel cucchiaio,  curvo come una luna malata.  Le tue ossa di lat...
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  Io ritornerò, con membra di ferro, con la pelle scura, con l’occhio furioso: sulla mia maschera, mi si giudicherà di una razza forte. Avrò oro: sarò ozioso e brutale.  Una stagione all’inferno di Arthur Rimbaud (Newton Compton, 1995; SE, 2004; Newton Compton, 2007, ecc.) rappresenta per il collettivo uno dei libri-soglia. Scelto da Sabrina, questo libro è una bibbia sporca, un’opera che non consola, non guida e non spiega, ma infetta. Ci si torna come a una ferita che non si rimargina, che cambia col tempo come cambia la pelle. Una stagione all’inferno è una promessa. Un viaggio che non finisce mai di chiedere, né di scuotere. È la poesia che non cerca riscatto, né redenzione, ma che affronta la caduta.  La poesia di Arthur Rimbaud è quella di un esiliato, un ragazzino in fuga da se stesso e da una società opprimente e ostile; è quella di un profeta, un veggente. Nella famosa lettera (in francese Lettre du Voyant ) inviata dal poeta all'amico Paul Demeny il 15 maggio ...