L
e cose imperfette
di Gianni Montieri, edito da LiberAria Editrice nel 2019, è la sua penultima raccolta di poesie pubblicate (seguita da Ampi margini, sempre edita da LiberAria Editrice nel 2022).

Gianni Montieri è una penna felice, è uno scrittore che spazia dalla prosa calcistica, dalla letteratura alla poesia, scrive di città e di luoghi, è un insegnante generoso che condivide le letture che ama mostrando ai suoi studenti nuove prospettive e spazi di ragionamento critico, scrive recensioni talmente accurate e piacevoli che vi faranno venire voglia di leggere ogni singolo libro di cui scrive.

Ma questo libro di poesie, tra le quattro raccolte che ha pubblicato, scelto da Eleonora, è l’esempio più luminoso di tutta la sua scrittura.

La raccolta è suddivisa in tre parti ed il filo che lega tutti i testi sono le persone, quelle amate e lontane, quelle anonime o note di cui sentiamo raccontare le storie al telegiornale, quelle che non ci sono più, gli scrittori amati, ci sono i ragionamenti fatti a sé stesso, e ci sono i luoghi le cose, quelle imperfette appunto, quelle di tutti i giorni, che sono tanto quotidiane e nostre da avere un magnetismo che le fa stare e brillare dentro la parola poetica.

Il poeta è solo, in stanze piene di presenze impalpabili, ce le mostra tutte:


Gesti che mi capita di fare, spostare 
le tue creme, fargli fare avanti e indietro 
sulla mensola del bagno, in accappatoio 
guardarmi allo specchio, fare tutto 
un po’ più in fretta come se oltre 
la porta ci fossi tu in attesa, la tazza 
col tè in una mano, un bacio nell’altra.

Molte delle poesie in questo libro raccontano dell’assenza dell’altro, dell’artista e moglie del poeta, Anna Toscano. Nell’assenza, nella solitudine dell’uno e negli oggetti della vita quotidiana lasciati dall’altro, nei vuoti dei rituali incompiuti si allarga il verso e si cerca di accorciare le distanze. Nella tensione tra ieri, oggi e il futuro, la vita accade e il poeta ce lo racconta: 

Mi interessa il futuro 

sapere come diventeranno 
le sedie, le poltrone 
con cosa le sostituiremo 
se ci invecchieremo sopra 
immaginare i libri a venire 
accanto a quali staremo 
sapere se tutto questo 
precipitare finirà 
se arrivati sull’orlo 
tireremo indietro il piede 
e voltandoci vedremo punti 
grigioazzurri ognuno mancanza 
ognuno cosa perduta.

C’è un io che scrive, e che scrive ad un tu, perché chi scrive poesia sa che non si è mai da soli con la propria voce poetica, quello sarebbe un soliloquio, quel tu si moltiplica e diventa noi nel momento stesso in cui si comincia a scrivere, quando si posa la penna sul foglio, o il primo dito sulla tastiera, e la domanda del poeta è una domanda a cui tutti prima poi, con piccole variazioni, saremo chiamati a dare una risposta.

Una menzione particolare va fatta alle poesie contenute in questo volume in cui ci sono le città in cui il poeta ha vissuto: Milano, città in cui Gianni Montieri ha vissuto per molti anni come il poeta di Giovanni Raboni, e Venezia, la città amata Brodskij in cui vive ora.


Su Milano, particolarmente interessante è la tensione ed il contrasto della prospettiva sensoriale utilizzata per descriverne quartieri diversi:


Il silenzio profondo dei cortili di Milano 
la quiete azzurra nei dopopranzo 
dove nessuno scuote una tovaglia 
batte un cuscino. L’ordine curato 
delle piante esotiche. 
Brera, Navigli, Porta Romana: 
visitare i giardini nascosti 
nel centro di Milano, la domenica 
con la gente altrove, al lago.

Sparire invece nei portoni 
dove tutto vive ogni giorno 
nel rumore di piatti, forchette 
in bidoni da riciclo colmi 
di cartoni da pizza e sciocchezze 
nel Sudamerica di Affori.

A Venezia invece è dedicata la terza ed ultima parte della raccolta composta da sette poesie che raccontano in crescendo l’acqua alta in città:

Arriva e la città è in silenzio 

nessuno pronuncia una parola 
entra dalla vasca, dalla corte 
potesse passerebbe dal camino 
penso a te che giri per casa 
avverto la pura, sento le sirene 
fino a Mestre, fin dentro allo sterno 
mentre cerco un’ora in cui scenda 
ma non succede, penso ai libri 
degli scaffali bassi: si salveranno? 
Una volta mi hai detto la città 
è svenuta ci conoscevamo appena 
oggi che anche io perdo i sensi 
dentro Venezia, insieme a te 
rinasco, faccio mia la precarietà 
dell’attimo in cui passo 
nel punto dove non distingui 
la calle dal canale; se non ci piombo 
dentro, mi dico, ho preso residenza 
e rido spuntando sul ponte 
che guarda il lago di San Barnaba.

Di Gianni Montieri si potrebbe scrivere per ore, della felicità della sua penna, ma è meglio fermarsi qui, con un invito piuttosto al silenzio e all’osservazione. E alla lettura delle sue opere.



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