L'Epilogo della Tempesta di Zbigniew Herbert, pubblicato nella collana Biblioteca Adelphi, rappresenta per il collettivo un'importante testimonianza della poetica del poeta polacco. Questa raccolta, che include poesie scritte tra il 1990 e il 1998, oltre ad alcuni testi inediti pubblicati postumi, affronta temi di profonda introspezione e riflessione sulla condizione umana, sulla sofferenza e il passare del tempo.

Herbert mescola ironia e disperazione, romanticismo e impegno politico, segnando un cambiamento rispetto a scritture più tragiche e serie che avevano caratterizzato i testi che precedono la caduta del muro di Berlino.

La sua poesia diventa il testamento spirituale dell’uomo che è inscindibile dal poeta, e del poeta nella sua finitudine corporea ed umana, in cui i temi della memoria, del viaggio e della gratitudine per la vita si intrecciano con la consapevolezza della sofferenza, con impareggiabile precisione di intelletto e di parola.

Così, in questa raccolta di poesie, convivono i versi potenti e depurati da ogni orpello della Messa per gli imprigionati (per i quali dobbiamo ringraziare Valerio Grutt, che li ha letti e condivisi con noi la prima volta durante il nostro Laboratorio di Poesia del martedì):

Se questa dev’essere un’offerta per i miei imprigionati

è meglio che si svolga in un luogo inadeguato


senza la musica marmorea

l’oro il bianco l’incenso


meglio presso una cava di argilla sotto un salice trascurato

quando sferza la pioggia mista a neve

(…)



insieme alle esortazioni incalzanti de Il viaggio, di cui riportiamo i versi di apertura:

Se parti per un viaggio che sia un viaggio lungo

un cammino senza meta apparente errando a tentoni


per conoscere la ruvidezza della terra col tatto e non solo con gli occhi

e misurarti col mondo con tutta la pelle

(...)



L'esplorazione della malattia e della fragilità del corpo si esprime attraverso una stoica accettazione della sofferenza, e la memoria diventa legame con il passato, nonostante il tempo sia un elemento corrosivo capace di impattare sulla vita e sull'identità, come negli ultimi versi in La nonna:

(…)

mi vuole preservare

alcuni anni di illusione

sa che arriverò

a conoscere da solo

senza parole scongiuri o pianto

la ruvida

superficie

e il fondo

della parola


E allora per svelarci delle tracce su quale sia il suo epilogo della tempesta, di come provare ad opporsi al nulla, alla perdita, al rimpianto, Zbigniew Herbert ci lascia degli indizi, definitivi nella loro precisione ma mai probanti, come in Tommaso:

Qui hanno appoggiato la lama sul corpo

proprio qui

e hanno spinto

e c’è un ricordo

che urla in tutte le lingue del pesce

- la ferita –

(…)



L'Epilogo della Tempesta
è un esempio lucido e viscerale allo stesso tempo di una poesia che vibra e riecheggia, che rimanda con le parole e con tutto quanto ci sta intorno - con gli spazi vuoti, con le pause, i sospiri e i respiri umani - a un universo interiore aperto e contiguo al mondo esteriore, lasciando visioni ampie verso molteplici orizzonti di complessità, mai esauriti e mai definitivi, come nella chiusura de Gli scacchi:

(…)

quando la ragione si addormenta

si svegliano le macchine


bisogna ricominciare da capo

il cammino verso l’immaginazione.


Noi invece iniziamo il nostro cammino da lui.






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