Il libro dei gatti tuttofare (Old Possum’s Book of Practical Cats) di T.S. Eliot, pubblicato per la prima volta in Italia per Bompiani nel 1963, rappresenta per il collettivo un esempio di come la poesia possa rendersi stravagante e giocosa.
La versione del libro, scelto da Anna Rita, risale al 1995 e presenta la traduzione di Roberto Senesi e i disegni di Edward Gorey. Nella nota alla traduzione presente a inizio libro, il traduttore ci parla di un testo decisamente metafisico, a cui è stata data da Eliot stesso la grazia di poter essere quanto più vicino alle risorse della lingua di destinazione. Motivo per cui, nelle poesie tradotte, vediamo un misto di versi leggeri e nonsensical che si fondono a una tradizione linguistica che è propria della nostra cultura. Un umorismo che non disperde, ma colora il significato di versi splendidi, armonici, che si prestano alla lettura di grandi e piccini, amanti dei gatti e non.
I quindici tipi di gatti tuttofare presenti in questa raccolta, comprendono i più disparati tipi di personalità (feline) esistenti. In questo senso, Eliot apre questa raccolta con Il Nome dei Gatti (The Naming of Cats) proprio focalizzandosi sui tre nomi distinti che ciascun gatto dovrebbe avere, iniziandoci a un viaggio alla scoperta di ciascuna delle loro identità. Lo fa senza prima avvertirci che potrebbe sembrarci “matto come un cappellaio” (un riferimento non tanto velato ad Alice nel Paese delle Meraviglie di L. Carroll). Al primo nome quotidiano come Pietro o Giorgio, ci associa un secondo più dignitoso da consentirgli di “mantenere la coda perpendicolare, mettere in mostra i baffi e sentirsi orgoglioso.” Ma è nel terzo nome, che il poeta gioca con l’enigma e il nonsense, scrivendo:
“Comunque
gira e rigira manca ancora un nome:
né la ricerca umana è in grado di scovare;
ma IL GATTO LO CONOSCE, anche se mai lo confessa.
Quando vedete un gatto in profonda meditazione
la ragione, credetemi, è sempre la stessa:
ha la mente perduta in rapimento e contemplazione
del pensiero, del pensiero, del pensiero del suo nome:
del suo ineffabile effabile
effineffabile
profondo inscrutabile e unico NOME.”
“But
above and beyond there’s still one name left over,
And
that is the name that you never will guess;
The name that no
human research can discover—
But
THE CAT HIMSELF KNOWS, and will never confess.
When you notice a
cat in profound meditation,
The reason, I tell you, is always
the same:
His mind is engaged in a rapt contemplation
Of
the thought, of the thought, of the thought of his name:
is
ineffable effable
Effanineffable
Deep and inscrutable
singular name.”
Il gatto meditativo si illumina nella contemplazione del suo stesso Nome: esso esiste e non esiste, è dicibile come non lo è, e lo porta a determinarsi in sé stesso. Che il gatto faccia il nome e non il contrario, è qualcosa che trascende ogni logica deterministica e anima di curiosità l’ingresso a questa raccolta di poesie.
Il libro prosegue con una sfilata di poesie su gatti eccentrici dai nomi singolari che ne impreziosiscono l’individualità. Dalla Vecchia Gatta Gianna Macchiamatta gatta che tiene a bada i topi della casa, fino a Sandògatt il gatto pirata, passando per Brunero “il gatto del mistero”, a Pelatico Rotella de’ Binario, il gatto ferroviario e Mister Mistofele, “grande Prestigattore Gattomante” e così via, in una chiave di lettura del tutto personale che avvicina il lettore con la leggerezza di un sorriso a ciascun personaggio felino.
Il tutto si inscrive in uno dei principi cardine della poetica elotiana: una costante ricerca linguistica per favorire la costruzione di nuovi rapporti tra uomini e cose. E perché non farlo proprio con il mondo felino? Attraverso giochi di parole, incroci di rime e simpatici nomignoli, Eliot arriva a rendere vicino colui che sembra essere fuori di noi e che in realtà funge da specchio alle nostre più intime caratteristiche.
Le illustrazioni di Edward Gorey, inoltre, aggiungono quasi un tocco di umanità a quella che sembra essere una disamina sulla psiche gattesca, ma che in realtà si inscrive in qualcosa di più ampio. Non a caso, questa raccolta ha ispirato il celebre musical di Broadway, Cats, e proprio ne La Canzone dei Gattiginosi (The Song of the Jellicles), ci sono gatti notturni che…
“[…]
saltano come rane con agili pensieri,
Sono abbastanza quieti nell’ore del mattino,
e perfino la sera ciascuno riposa,
aspettando che spunti la Luna Gattoniosa,
per esprimere doti di grande ballerino.”
“[…]
Jellicle Cats jump like a jumping-jack,
Jellicle Cats have
moonlit eyes.
They're quiet enough in the morning hours,
They're
quiet enough in the afternoon,
Reserving their terpsichorean
powers
To dance by the light of the Jellicle Moon.
A concludere questa raccolta di fantomatici gatti stravaganti, il poeta ci lascia con un quesito in Come rivolgersi ai gatti (The Ad-dressing of Cats):
“Ora
avete imparato abbastanza per capire
né da voi né da me né da altra gente
che si ritiene abbia un tipo di mente diversa.
C’è chi è savio, c’è chi è matto
ci sono i buoni, ci sono i perversi,
c’è chi è il migliore, c’è chi è mal fatto –
ma tutti sono adatti a descrizione in versi.
Li avete visti al lavoro, li avete visti giocare,
perfino il nome vi è ormai familiare,
e ne riconoscereste usi e costumi:
ma con quali lumi
sapreste veramente definirmi un Gatto?”
“You
now have learned enough to see
That
Cats are much like you and me
And other people whom we
find
Possessed of various types of mind.
For some are same
and some are mad
And some are good and some are bad
And
some are better, some are worse--
But all may be described in
verse.
You've seen them both at work and games,
And
learnt about their proper names,
Their habits and their
habitat:
But
How
would you ad-dress a Cat?”
Attraverso queste poesie, vere e proprie perle di riflessione, humor e ricchezza lessicale, ci riscopriamo anche noi, variegati felini antropomorfi ogni giorno.
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