Inferno minore )e pagine del travaso  di Claudia Ruggeri, edito da Musicaos nel 2018, rappresenta l’opera più completa della poeta salentina, insieme a Ispirazione Viola (Piccola antologia poetica a cura di Francesca Canobbio) pubblicata in Quaderni di RebStein, XXXVIII, Giugno 2012.

Inferno minore, raccolta scelta da Sabrina, è una discesa visionaria e stratificata nella poetica della sofferenza, della memoria e del simbolismo. Attraverso immagini potenti e dense di richiami letterari e spirituali, Ruggeri esplora temi come l'identità, la tensione verso il divino, e la fragilità dell'essere umano di fronte al mistero e al limite.
La raccolta si apre con il ciclo de il Matto, componimenti che intrecciano frammenti di allegorie bibliche, riferimenti mitologici e giochi linguistici audaci. Il linguaggio di Ruggeri si rivela al tempo stesso cerebrale e carnale, evocando una tensione continua tra il sacro e il profano, tra l'immagine e il suono, tra ciò che è indicibile e ciò che è brutalmente espresso. 


come se avesse un male a disperdersi
a volte torna, a tratti
ridiscende a mostra, dalla caverna risorge
dal settentrion, e scaccia
per la capienza d’ogni nome
(...)
la pazienza delle stazioni e la rivolta... e la beccaccia
sta e sta sforma il destino desta l'attacco l’ingresso disserta
la Donna che entra e fa divino ed una luce forsennata
e nuda, e la mente s’ammuta ne la cima
e la distanza è sette volte semplice e il diavolo
dell’apertura; ecco, chiediti, come il pensiero sia colpa
(...)


La tensione, già viva nelle altre sezioni dedicate a il Matto, è particolarmente evidente nel brano il Matto capovolto - Palestina, dove il rovesciamento delle prospettive invita il lettore a interrogarsi sui confini tra realtà e interpretazione. Ruggeri affronta il tema del capovolgimento non solo come inversione fisica, ma come una condizione metaforica che ribalta significati, logiche e posizioni tradizionali. Il lettore è spinto a considerare l’assenza divina non come perdita definitiva, ma come un terreno fertile per ridefinire il senso stesso della propria esistenza. La parola poetica diventa il tramite di questa "amnistia dell’idioma viaggiato", un idioma che porta con sé l’eco di lingue lontane e memorie perdute:


questa che ora interroga, t’arrovescia
l’inizio; t’avviva a questo Inverso
cui un dio non corrispose; tu sei
l’oggetto in ritardo, l’infanzia persa
su tutte le piste, l’incrocio rinviato; sei l’amnistia
dell’idioma viaggiato; ma Salve, la primavera
ti rassegna, di vòlta in vòlta carta
sveste percòte per cose fitte fitte
(...) dimmi se di uno Stagno
snidi l’Imperfezione, oppure le maiuscole
rimangono incredibili: sono le ‘nulle’
degli alfabeti in cifre, il segno
che non scatta, un ariele distratto...
oppure sul tuo capo la Torre
capovolge; e con un salto dal basso
ti drizza: ma sei in un balzo (ma appena)
o nella capriola prima che t’agganciò
di passi (...)
(leviamole la femmina, diamo l’idiota a questa lesione.
oppure ‘cosa’ resta; vecchia insensazione)


Ciò che colpisce è l'uso della lingua come materia viva: i versi si aggrovigliano, si rompono e si ricompongono, creando un flusso che ricorda il movimento di una danza o di un rituale. Questo è un esempio da lamento della sposa barocca (octapus):


T'avrei lavato i piedi
oppure mi sarei fatta altissima
come i soffitti scavalcati di cieli
come voce in voce si sconquassa
tornando folle ed organando a schiere
come si leva assalto e candore demente
alla colonna che porta la corolla e la maledizione
di Gabriele, che porta un canto ed un profilo
che cade (...)


L’immagine iniziale del lavaggio dei piedi rimanda a gesti di devozione e intimità, ma subito il tono si innalza verso una tensione estrema. Ruggeri costruisce un crescendo emotivo che culmina nella rappresentazione di una duplice dinamica: da un lato la poeta esplora il sacro e il profano, dall'altro gioca con la decostruzione e la ricostruzione del senso attraverso immagini violente e sensuali. L’uso della metafora barocca – con i suoi contrasti, eccessi e ornamenti – si combina con una scrittura profondamente fisica, in cui ogni verso è un corpo che pulsa, soffre e si espande. La figura di Gabriele si presta a rappresentare l’ambivalenza che pervade tutta l’opera di Ruggeri: una bellezza che incanta e ferisce, un canto che innalza e opprime.

La struttura frammentaria di Inferno Minore amplifica il senso di una discesa interiore, un'attraversata nelle ombre che non si limita a descrivere la sofferenza, ma la trasforma in un processo conoscitivo. In questa dinamica, il "minore" non è solo il grado di intensità dell’inferno, ma il luogo in cui il dolore si ridimensiona, diventando uno strumento di riflessione e rinascita. Questo approccio simbolico, che si riallaccia alle tradizioni letterarie di Dante e Beckett, permea tutta l'opera e culmina nel componimento congedo:

(...) Qui
so, con il mio amore, e con chiunque
vi arrivi, che a questo inferno
minore, tutto è minore; medesimo
è solo il Carnevale. (...)


Qui il Carnevale, simbolo per eccellenza di maschera e illusione, diventa l'unico elemento stabile, suggerendo che persino nel caos dell’inferno c’è un ordine dettato dall’artificio umano.

Nel lamento dell’Uccello colpito, l’influenza di Beckett è evidente nel dialogo introduttivo, tratto da Aspettando Godot. La riflessione sull’assurdità dell’esistenza e sulla ciclicità del dolore si intreccia con immagini potenti e disperate: 

Vladimiro: Mi ricordo di un energumeno

che tirava calci.

Estragone: E l’altro che lo tirava, ti

ricordi anche di lui?

Vladimiro: Mi ha dato

degli ossi.

(Samuel Beckett)


cavami da le piume gli insulti lo sfrenìo

la velocità indifferenziata che era danza

o salto, che ormai non muove semplicemente

mi rende probabile; la memoria finta da usare

come un nome, questa memoria insomma divina

indifferente di un calcio e di ossa, di un debole

dèmone mosso a pena a cerchio (leggero leggero

lo spirito ragazzino, e ciò sottile sottile

indistinto, destinato): Dedico a Te questa morte

padula -ché sei l’Artificiere-; impiegane

la festa, se pure alza l’Avverso, lo cattura


La poesia si fa metafora della condizione umana, segnata dalla violenza, dalla memoria artificiale e da una danza che, pur essendo simbolo di vita, si svuota del suo movimento originario.

Inferno Minore di Claudia Ruggeri offre un'esperienza poetica che sfida i limiti stessi del linguaggio e della comprensione. La sua poetica, fatta di fratture, ambiguità e densità simbolica, ci interroga su cosa significhi creare e abitare spazi di incompiutezza e di possibilità. Claudia Ruggeri ci lascia l'eredità di una scrittura che non teme il rischio, che accetta il frammento e lo rende fonte di forza e di risonanza. Nel suo affrontare l'invisibile e l'indicibile, ci invita a pensare alla poesia come a un gesto radicale, capace di attraversare i confini del tempo, della memoria e della lingua, per restituire un senso rinnovato al nostro dialogo con il mondo.


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