Una goccia di pioggia
lungo il bavero del cappotto
una valanga
fili d’erba strappati
unghie spezzate
frammenti di cieli oblunghi
e ciottoli di fiume.
Non so dove portarti
per farti respirare.

Nessuno
è disposto a spiegare
come si fa
a spegnere
tutte le stelle in cielo
a ricomporre
schegge di cristallo
senza sapere
quale sia
l’oggetto originario.
Riverberano echi desolati
la mano si aggrappa
la stoffa si lacera
ti senti estraneo
sopra la terra
sotto la pelle.

Disfo tappeti di foglie secche
e cavi elettrici
un nodo alla volta
comincio daccapo

una voce entra col suo stridere gelato
non sei tu non sono io
lascio andare i secondi passati nell’attesa
cantando a memoria tutti i perdoni che so

ho costruito
la mia casa già in fiamme
nel sangue
che ti scorre nelle vene.

La luce era scarsa
non sapevo che farmene di tutte quelle ombre
sono rimasta in piedi

il ragazzo seduto sul divano scorticato dai gatti
ha fatto finta che non fossi lì
l’uomo invece mi ha abbracciato forte

terribili voci di donna
salivano dal vicolo
era inutile provare ad affacciarsi
il cielo non si vedeva.

La costante è l’oscillazione
tra l’aver perso le braccia
e l’aver ingoiato
una boccetta di profumo

in mezzo sta la mancanza
della tua risata

è il suono dei sassolini
sbattuti dalla risacca
sulla spiaggia di Fornillo.


Siamo felicissime del cammino di Eleonora e siamo orgogliose di poter condividere questo pezzetto di strada con lei. 🌿

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