È quel che è di Erich Fried, pubblicato nella collezione di poesia Giulio Einaudi editore nel 1988, rappresenta per il collettivo un esempio di come la poesia si permea della capacità di risuonare con ogni attualità.
Questa
raccolta, scelta da Giulia, riecheggia come monito all’umanità
intera.
La
poesia di Erich Fried racconta l’urgenza dei fatti, ponendo in ogni
aspetto della scrittura un'attenzione critica agli eventi storici
che egli riusciva a cogliere e snodare in ogni frammento di quella
quotidianità che, a suo avviso, non poteva mai discostarsi dall’impegno e dalla visione politica; perché di essa è naturalmente
intrisa. Parlando della sua poetica risulta impossibile non
addentrarsi nella sua vita, come lui stesso affermerà, l’una non
può essere scissa dall’altra affinché la poesia risulti vera.
Come nella poesia Quel
che vide la foresta,
di cui citiamo un estratto.
e
se accetto tutto questo
e
non dico niente
non
è colpa mia:
Io
sono la foresta
che
a forza di vedere alberi
non
vede se stessa.
Poeta tedesco, nato a Vienna, fu costretto ad emigrare a Londra nel 1938 a causa delle persecuzioni naziste, dove fondò un gruppo di auto-aiuto per giovani rifugiati ebrei, riuscendo a mettere in salvo 70 persone. Quando, ancora ragazzo, espresse la sua intenzione di diventare un poeta gli fu risposto: “Giovanotto, hai 17 anni. Prima ti renderai conto che queste sono solo illusioni e le eliminerai dalla tua testa, meglio sarà per te.” Non si arrese, come mai fece nella sua vita, pochi anni dopo, quelle stesse persone, gli offrirono una borsa di studio per dedicarsi alla scrittura.
In quegli anni scrisse Großmutter , poesia dedicata alla nonna deportata e deceduta nel campo di concentramento di Auschwitz, questa l’ultima strofa della poesia:
Wie du
deinen Tod genannt hast
im Lager
das weiß ich nicht
Come tu
hai chiamato la tua morte
nel campo
non lo so
Alla
fine della guerra scelse di restare a vivere a Londra, barcamenandosi
con ogni lavoro disponibile per potersi mantenere, nel 1944 pubblica
il suo primo volume di poesie intitolato Germania.
Nel
‘49 gli viene offerto un posto come docente di letteratura
all’università Humboldt di Berlino Est ma, coerente con le sue
idee e il suo impegno che da sempre lo vedevano coinvolto in prima
persona nei fatti storici del suo tempo, rifiutò perché non gradiva
l’atteggiamento del governo.
Sono
gli anni ‘60 però a portare alla luce il suo talento poetico e
soprattutto quella capacità di analizzare la realtà complessa del
suo tempo offrendo a tutti una chiave di lettura differente. È quello che fa con la raccolta poetica E
Vietnam e ,
taciuta da giornali e critica non solo perché l’argomento era a
dir poco sconosciuto nell’ Europa di quegli anni, ma chiaramente
indesiderato per quella minoranza al corrente di tali fatti.
Pochissime furono, al tempo, le voci che descrivevano la poesia di
Erich Fried un mezzo di ricerca della verità capace di offrire uno
strumento di decodifica della realtà, oggi sappiamo con certezza che
lo fu.
Nel suo discorso all’interno del Gruppo 47 - movimento culturale dell’epoca di cui facevano parte giovani letterati e scrittori emergenti tedeschi la cui intenzione era quella di portare nuovamente alla luce una cultura della Germania ormai dimenticata e repressa durante il regime nazista - tenutosi a Princeton nel 1966, ribadì la vitale importanza, in ogni tempo, degli scrittori scomodi. Sosteneva che, soprattutto nelle società represse, è indispensabile che si levino parole scomode e sprezzanti del pericolo, parole dalle quali il popolo, convinto di non poter cambiare con le sue sole forze, può trarre linfa vitale e coraggio. Ma non era tutto, quelle parole non potevano essere riportate sulla pagina in modo vuoto benché stilisticamente gradevole, esse dovevano essere lo specchio di un impegno politico concreto, portato avanti nella vita di ognuno.
Su questo impegno, egli, fece ruotare tutta la sua vita; lasciandoci testimonianze poetiche dal valore civile immenso. Una di queste è la poesia ça ira?
I
crimini di ieri
hanno
cancellato
le
commemorazioni
dei
crimini dell’altro ieri
Di
fronte
ai
crimini di oggi
ci
affaccendiamo
con
le commemorazioni
dei
crimini di ieri
I
crimini di domani
cancelleranno
noi
uomini d’oggi
senza
commemorazioni
se
non li impediremo
Nei suoi versi ritroviamo la forza e il coraggio di chi vuole essere fedele a valori umani che prescindono da tutto e che a tutti devono appartenere. I suoi versi sono intransigenti e quanto mai coerenti, trasmettendo un senso di fedeltà assoluto al suo pensiero e al suo agito. È quanto emerge con forza nella poesia Höre, Israel - Ascolta, Israele scritta nel 1967, ecco la prima strofa:
Quando
siamo stati perseguitati
ero
uno di voi
come
posso rimanere tale
se
diventate persecutori?
…
Proprio in quegli anni riceve a Vienna il premio austriaco per la letteratura, devolve il denaro vinto all’avvocato di Amburgo Kurt Groenewold per il suo sostegno ai Palestinesi perseguitati e al professor Shahak di Gerusalemme per finanziare la società israeliana per i diritti umani e civili. Successivamente, parlando di antifascismo, affermerà: “Se vogliamo essere credibili, dobbiamo combattere anche l’alienazione e l’oggettivazione al nostro interno; compresi noi stessi.”
Il repertorio poetico di Erich Fried è ampio; ha vissuto la poesia in maniera dinamica e mai statica, come un dialogo incessante con e sul mondo, muovendosi da un punto di vista esterno ad ogni conflitto e portando avanti una vera battaglia contro l’ingiustizia, come lui stesso scrive nei versi intitolati Il compito di una vita:
Arrancare
dietro all’ingiustizia
come
faccio io
può
dare
molta
soddisfazione
…
Perciò
sono davvero un poco grato
all’ingiustizia
che
cosa farei mai senza di lei
per
il resto della mia vita?
Nel 1978 esce la sua raccolta poetica 100 poesie senza patria pubblicata contemporaneamente in sette lingue. Nel 1979 divenne, grazie alle sue "poesie d'amore" il poeta più letto in lingua tedesca dopo Bertol Brecht, con il quale "condivideva" sicuramente l'acceso impegno politico. Quel che è rimane la sua poesia più famosa:
È assurdo
dice
la ragione
È quel che è
dice
l’amore
È infelicità
dice
il calcolo
non
è altro che dolore
dice
la paura
È vano
dice
il giudizio
È quel che è
dice
l’amore
È ridicolo
dice
l’orgoglio
È avventato
dice
la prudenza
È impossibile
dice
l’esperienza
È quel che è
dice
l’amore
L’anno prima della sua morte ricevette il premio Georg-Buchner con il quale veniva reso onore al coraggio dimostrato in ogni aspetto della sua vita, per non aver rinunciato a scrivere contro il predominio del mondo e per aver avuto la capacità di portare la lingua tedesca dall’oscurità ad un’inequivocabile attualità. Nel discorso di ringraziamento disse: “Ogni elemento si condiziona e si permea a vicenda. Non si può scindere il poeta dal rivoluzionario o dallo scienziato.”
Nel 1988, nei necrologi, si leggeva: “Il nome di Erich Fried non sarà dimenticato, non deve essere dimenticato.”.
A noi piace ricordarti così, calandoci nei tuoi versi per comprendere a pieno la lungimiranza di un poeta la cui umanità servirebbe come un faro ancora oggi. Con la poesia Ma forse omaggiamo quel ricordo:
I miei paroloni
non mi proteggeranno dalla morte
e le mie paroline
non mi proteggeranno dalla morte
proprio nessuna parola
e neppure il silenzio tra
le parolone e le paroline
mi proteggerà dalla morte
Ma forse
alcune
di queste parole
e forse
soprattutto le più piccole
o anche soltanto il silenzio
tra le parole
proteggeranno qualcuno dalla morte
quando sarò morto.
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