Il volume Estranei alla terra di José Tolentino Mendonça, pubblicato da Crocetti Editore nel 2023, unisce due distinte raccolte del poeta e teologo: Strada bianca del 2005 e Teoria della frontiera del 2017.
Queste due raccolte riunite in unico volume con testo in portoghese a fronte, e scelte da Eleonora, sono una testimonianza luminosa di eccezionalità culturale restituita in versi dal Prefetto del nuovo Dicastero vaticano della Cultura e dell’Educazione.
José Tolentino Mendonça ci pone degli interrogativi, e ci mostra le sue risposte da un punto di vista quanto mai originale, ci prende per mano e ci apre una porta sul suo mondo e sulla complessità di riferimenti che lo popolano: i grandi mistici spagnoli cinquecenteschi, come Giovanni della Croce, Santa Teresa d’Avila, ma anche Tonino Guerra, Dino Campana, Cristina Campo, Simone Weil, Carlo Michelstaedter e un insolito Pier Paolo Pasolini, nella poesia Ostia:
Uno dei soliti ritardi all’aeroporto di Fiumicino
ed eccoci a fare un giro imprevisto nei dintorni
al di là del parco archeologico
questa città sembra un accampamento desolato
balconi pieni di scatoloni e masserizie fuori uso
(quanto devono essere anguste le case popolari)
muri imbrattati di insulti come i romani
e la debole forza messianica affidata
agli idoli del calcio
Senza rendercene conto eravamo finiti
in una strada secondaria
lungo un terreno recintato
un cartello piantato lì come per caso
dice che qui è morto
Pier Paolo Pasolini
Non solo l’autore ci mostra il suo mondo, i suoi viaggi, le sue riflessioni sugli ultimi, ma si interroga e ci interroga qui ed oggi su Cos’è una poesia:
Una poesia è un esercizio di dissidenza, una professione di incredulità nell’onnipotenza di ciò che è visibile, stabile, appreso. Una poesia è una forma di apostasia. (…)
Il poeta e cardinale ci spiazza perché senza la gravitas associata ad una figura di tale rilievo, ci mette di fronte a due prospettive taglienti quanto stringenti: cosa possa essere la dissidenza per chi scrive poesia, cosa oggi la poesia possa dire non solo per essere rilevante, ma per scoprire e rivelare nella parola poetica ciò che lo sguardo di solito accantona ai margini del campo visivo.
Ci spinge ad andare più a fondo, a non fermarci alla patina del mondo, in tutta la radicalità di affermazioni così nette ci dice di andare a cercare dove nessuno guarda, e di farlo incessantemente.
E la poesia è anche una apostasia: abbandonare un partito preso, per riscoprire la vita. E con questa seconda affermazione libera il poeta e il lettore dalle maglie che lo stringono e dagli schemi imposti, ci fa cercare dove si generano punti di rottura, dove ancora non siamo arrivati, luoghi fisici che non abbiamo ancora visitato, o luoghi immateriali dentro di noi e nel nostro pensiero; ci chiede di essere instancabili scopritori e cercatori, come in Radura:
Un bianco lunare, labili presagi
i galli da combattimento mettono in fibrillazione il giardino
come è rapido un luogo all’avanzare del vento
sotto quale albero si può vedere
la fiamma lasciata cadere da un grido
più forte, più debole
il rosso dei passaggi
intensità, torsioni
i tuoi occhi cercano nella radura il punto invisibile
un unico senso, infinite volte
attraverso quali domande, attraverso quali risposte
si torna alle parti inseparabili?
La ricerca è di quei luoghi e quei momenti in cui realtà ed esperienze vissute sono attraversate da una tensione e da un’energia che le rendono significative perché le proiettano verso un’altra dimensione di senso, e si pone e ci pone domande a cui siamo chiamati ancora e ancora a rispondere, e a volte nella nostra umanità portiamo il peso di non avere risposte e non saper dire, come nei versi finali della poesia che dà il titolo alla raccolta La strada bianca:
Potrei morire per una sola di queste cose
che portiamo con noi senza saperle dire:
astri che si incrociano a una velocità paurosa
ghiacciai inamovibili che finalmente si spostano
e, unica forma che ha di accompagnarti,
il mio cuore che batte
Al corpo e alla materialità della vita umana, alla contaminazione, è dedicata un’intera sezione della raccolta La frontiera, Sans-papier. Contro ogni astrazione e generalizzazione, contro ogni tentazione di una religione concepita come sola trascendenza, che ignora questo mondo in attesa dell’altro, José Tolentino Mendonça ci ricorda che proprio nel nostro corpo materiale trova dimora la speranza che ci rende vivi, nell’ultima terzina di Cadere cos’è:
ogni corpo è sempre senza speranza
e, tuttavia, la speranza
solo ai corpi appartiene
E se la speranza appartiene a tutti i corpi, che i corpi dei poeti si facciano megafono per dare ciascuno la propria risposta a cos’è una poesia.
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